giovedì 3 novembre 2022

IL COLONNELLO CASTER' BUM E PICCOLO DENTE: FORTE OKAY

2_IL COLONNELLO CASTER' BUM E PICCOLO DENTE: FORTE OKAY di Claudio Nizzi e Lino Landolfi.

Allagalla Editore continua la benemerita operazione di recupero di fumetti pubblicati dalla gloriosa rivista Il Giornalino con una nuova succulente uscita. Stavolta ad avere l’onore di una ristampa – che si propone come integrale nel suo complesso – è la saga umoristica Il Colonello Caster’ Bum e Piccolo Dente di cui Forte Okay è il primo tomo. Claudio Nizzi e Lino Landolfi sono gli autori di questa serie che, sebbene abitualmente un po’ sottovalutata, deve essere annoverata tra le più rilevanti di sempre nel panorama italiano – e di conseguenza internazionale. Per la verità le tavole autoconclusive dedicate a Piccolo Dente e Occhio di Luna sono spesso ricordate come esempio di fumetto comico, e Piccolo Dente stesso divenne la mascotte del settimanale Il Giornalino che, come detto, le pubblicava ma, al contrario, le storie con Caster’ Bum sono finite nel dimenticatoio almeno fino alla lodevole operazione targata Allagalla. In realtà Piccolo Dente è sì il personaggio più dirompente della saga, in principio il classico bambino pestifero in voga nei fumetti anni Sessanta e via via poi dalla personalità più strutturata, ma la sua vivacità non era affatto sacrificata nell’ambito delle storie corali in cui aveva visto la luce. Perché la forza della serie Il colonnello Caster’ Bum è nella capacità dei suoi autori, Nizzi ai testi e Landolfi ai disegni, di inventare un intero universo denso e pieno zeppo di personaggi diversi e originali. Con tantissime trame e sottotrame che si intersecano, si sorreggono, depistano, insomma ricreano mirabilmente una realtà nella quale era bello tuffarsi quasi settimanalmente quando queste avventure venivano pubblicate. Trattandosi di un fumetto, la prima impressione deriva dalle tavole di Lino Landolfi: caratterizzate da uno stile grafico assai peculiare, le pagine disegnate dall’artista romano sono assolutamente uniche. Il colonnello Caster’ Bum nasce come racconto umoristico il che, nel mondo delle nuvole parlanti, abitualmente si traduce in uno stile grafico caricaturale; naturalmente esistono anche esempi di fumetti comici con rappresentazioni realistiche ma la possibilità di stilizzare i personaggi è un’occasione troppo ghiotta per gli autori, che possono così strappare già un sorriso grazie alla semplice realizzazione dei characters. Landolfi però è un caso specifico, anche se non unico in Italia (si pensi a Magnus, Bonvi o, più recentemente Ortolani), perché il suo stile tende al grottesco e in questo senso coglie graficamente l’ironia delle storie, ma non ricorre all’essenzialità della stilizzazione, anzi. 

Le sue tavole sono ricolme di particolari, dettagli intricati e, qualora ci fosse dello spazio libero, si occupa già in fase di disegno di inserire esclamazioni, grida, rumori vari non limitandosi alle classiche onomatopee. Queste pagine disegnate densamente trovano poi la definitiva consacrazione con un uso del colore deciso quasi a divenire psichedelico (si veda il ricorso frequente al viola, in varie gradazioni). Landolfi, insomma, realizza un universo grafico del tutto originale ed armonico, concretizzando lo stupefacente lavoro in sede di scrittura di Claudio Nizzi. Perché la forza de Il colonnello Caster’ Bum e Piccolo Dente è già nell’idea concettuale: una serie umoristica con una struttura narrativa degna di una saga avventurosa di prim’ordine. Giusto a titolo d’esempio: ben raramente il fumetto comico italiano ha visto all’opera uno sceneggiatore così attento alla continuity delle sue storie; in genere, nelle storie umoristiche quello che succede in una storia non pone vincoli alle successive lasciando mano libera agli autori. Nelle storie di Caster’ Bum se il mitico Dente di Ferro, il salmone che compete con il capo indiano Caldaia Fredda, finisce nella padella, per rivederlo sulla scena dobbiamo aspettare che il figlio ne prenda il posto. Le gags che vedono all’opera il padre di Piccolo Dente, sakem degli indiani Assaibonis, sul ponte del fiume intento a cercare di pescare il salmone in questione sono uno dei tantissimi esempi di come il racconto di Nizzi sia diversificato in mille rivoli. Le caratteristiche principali dei testi dell’autore nato in Algeria sono la spiccata vena avventurosa, la definizione eccellente dei personaggi, oltre ad un’ironia che si declina in differenti tonalità. A volte è semplice e bonaria, nei fraseggi di semplice narrativa, altre più amara, quando si intravvede la critica storica o ecologica, altre volte ancora è addirittura sarcastica. Questi ultimi aspetti sono, a rileggere Caster’ Bum oggi, i più sorprendenti: se schierarsi dalla parte degli Indiani poteva essere a suo tempo in linea con il punto di vista più giusto e storicamente onesto, alcuni passaggi sono quasi spiazzanti. Ad esempio quando Caldaia Fredda mette ‘al loro posto’ le donne di famiglia con la scusa della presenza di un topo nella tenda, con un passaggio che potrebbe essere inteso in odore di maschilismo. In realtà tutta la saga racconta il contrario, con Occhio di Luna che batte regolarmente Piccolo Dente a nascondino, tanto per chiarire. Eppure, se l’episodio citato è una tavola autoconclusiva del 1978, già nella quarta storia assoluta (Tamburi di guerra, del 1970) scopriamo che i pacifici Assaibonis sono sul piede di guerra perché Grossa Quaglia, squaw di Caldaia Fredda, è imbufalita per via delle provviste avariate arrivate dall’Agenzia Indiana. 

Le donne, che qualsiasi narrativa illuminata descrive come nobili ambasciatrici di pace, sono qui mostrate nella loro anima bellicosa, seppur in un contesto ironico, naturalmente. E’ un completo ribaltamento di quello che abitualmente ci si può attendere ma questo non avviene solo nel finale, come spesso accade nei racconti comici, ma è presente già nei presupposti e questo è abbastanza insolito. Del resto Il Giornalino, che oltretutto era (ed è) una rivista di orientamento cattolico, ai tempi era anche abbastanza audace, diciamo così, con personaggi che oggi potrebbero essere anche definiti politamente scorretti. Primo fra tutti proprio Caster’ Bum, colonnello dell’esercito americano che appare chiaro sin da subito che storicamente è schierato dalla parte del torto e che pure è il titolare ufficiale della serie almeno nella prima e corposa fase. I Settanta erano gli anni del contro-western, e lo erano già da quasi un decennio, la corrente che ribaltava il punto di osservazione sulla conquista dell’ovest americano mettendo i pellerossa dalla parte della ragione. Che poi è la stessa prospettiva della saga in questione, intendiamoci, come dimostra la storia del 1971 Soldato Azzurro che cita espressamente il più celebre contro-western della storia del cinema, quel Soldato Blu di Ralph Nelson, uscito nelle sale soltanto l’anno precedente. Nonostante sia sin dal principio una saga corale, che si gioca su diverse ambientazioni – Forte Okay, il campo indiano, il ponte sul fiume Little Tricorn – e diversi contesti narrativi – i tentativi di scatenare la guerra del tenente Miops, i giochi di Piccolo Dente e Occhio di Luna, la sfida tra Caldaia Fredda e il pesce Dente di Ferro – come detto la serie è intitolata a Caster’ Bum. La cosa è rimarcata da quasi tutti gli inizi delle storie, almeno del primo periodo, che vedono Caster’ Bum e Miops complottare qualche losca strategia ma soprattutto dal finale, vero e proprio tormentone della serie dove il colonnello si rammarica del fatto di non riuscire a diventare generale. Tra l’altro, l’architettura abitudinaria con la ciliegina del finale che si ripete all’infinito è un’altra chicca di Nizzi che è abile ad inserire con naturalezza questo modo di raccontare anche in queste storie ad ampio respiro. L’apoteosi di queste continue variazioni sul tema si troverà, quasi ovviamente, nelle tavole autoconclusive laddove il gioco con il lettore, che è alla base di questo modo di raccontare, diviene addirittura scoperto. La prova lampante di ciò è Che confusione (tavola del 1978) ma l’esplicita complicità con il lettore era stata ricercata sin dall’ultima striscia della primissima pagina della primissima apparizione della saga nel 1970. 

Le storie ad una pagina che ripetono la stessa impostazione variando solo un dettaglio – si vedano quelle sul mimetismo durante la caccia, per esempio – cercano già quell’intesa con il lettore, e per gustarle fino in fondo si devono ricordare quelle precedenti – allo stesso modo in cui, in modo certamente più esplicito, alcuni personaggi si rivolgono direttamente a chi legge il fumetto. Ne Arbitro Venduto (1971) Piccolo Dente si rivolge ai lettori spiegando le regole del gioco del Lacrosse, attività al tempo in voga presso i nativi americani. In questo caso è evidente lo scopo divulgativo, altro pregio dell’opera, altre volte le finalità sono più strettamente narrative, ovviamente – ad esempio comunicare ai lettori dettagli rimasti oscuri dai dialoghi della trama – ma sotto tutti elementi che rivelano il grado di maturità richiesto da Nizzi per poter pienamente fruire alla sua opera. Pur essendo smaccatamente un fumetto per i più piccoli lettori de Il Giornalino, Il colonnello Caster’ Bum e Piccolo Dente esigeva – e, di conseguenza, educava – un approccio più adulto, in questi aspetti tecnici addirittura metalinguistico, in quanto era esplicito che si era di fronte ad un fumetto e non tanto ad una ipotetica realtà resa graficamente dalle tavole. Una differenza che può sembrare solo una sfumatura ma che trova poi conferma nei temi maturi di alcune storie: se già l’approccio alla questione indiana non era così scontato, basti considerare la presenza tra gli Assaibonis del bellicoso Puma Rosso e dei suoi amici gemelli, l’ironia di Nizzi sfrutta anche argomenti che su un settimanale cattolico, e in generale in un fumetto per ragazzini, al tempo non erano così prevedibili. Ad esempio il riferimento alla privacy delle talpe, nella tavola autoconclusiva Ascolta il terreno, o il fatto che Caldaia Fredda vada a far bisboccia alzando il gomito di nascosto dalla moglie in una storia più datata.
In questo primo volume che ripropone le avventure di Caster’ Bum e Piccolo Dente si è scelto di non seguire la cronologia delle pubblicazioni ma di alternare le storie più lunghe a quello successive ad una tavola. Se la cosa contribuisce a dare ritmo alla lettura del volume, è comunque interessante lo sviluppo della prima parte della saga, quella intitolata a Caster’ Bum e caratterizzata da storia più lunghe. Per circa il primo anno di pubblicazione, a cavallo tra il 1970 e il 1971, le storie sono più brevi, in genere sei pagine, rarissime volte meno. Poi, dopo la metà del 1971, compaiono due coppie di storie abbinate tra loro: I due pistoleri, infatti, continuava con Sfida Infernale così come Divieto di pesca si chiudeva con Ala Tarlata Show. Pur avendo due titoli diversi a sancire l’uscita sul settimanale, si trattava delle prime storie che arrivavano alle dodici pagine. Ancora lontani dalla quarantina delle francesi bédé come Asterix o Lucky Luke ma anche da certe lunghissime avventure dell’italiano Cocco Bill, tanto per fare dei paragoni. In chiusura di 1971 viene pubblicato il già citato Soldato Azzurro – storia che chiude anche questo volume – che ci dà lo spunto per un paio di annotazioni. Innanzitutto la storia è lunga venti pagine, il che pone la serie Caster’ Bum come opera in grado di reggere da un punto di vista avventuroso anche gli illustri esempi citati di fumetto comico. E, visto che la sponda metalinguistica non è ignorata da Nizzi, si deve prendere atto che c’è una precisa volontà di strutturare sempre più le vicende dei nostri eroi, dal momento che per quest’occasione si decide di riportare per tutte le cinque uscite settimanali lo stesso titolo – Soldato Azzurro, appunto – con la consueta frammentazione a puntate prevista per le storie lunghe dei citati personaggi quando venivano pubblicati su rivista. Insomma, l’ambizione di Nizzi e Landolfi era quella di produrre un fumetto che avesse pari dignità artistica dei rinomati successi pubblicati dal Corriere dei Piccoli o da Il Giorno dei Ragazzi.
Obiettivo raggiunto e, a dirla tutta, anche superato.   

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