2_IL COLONNELLO CASTER' BUM E PICCOLO DENTE: FORTE OKAY di Claudio Nizzi e Lino Landolfi.
Allagalla Editore continua la benemerita operazione di recupero di fumetti pubblicati dalla gloriosa rivista Il Giornalino con una nuova succulente uscita. Stavolta ad avere l’onore di una ristampa – che si propone come integrale nel suo complesso – è la saga umoristica Il Colonello Caster’ Bum e Piccolo Dente di cui Forte Okay è il primo tomo. Claudio Nizzi e Lino Landolfi sono gli autori di questa serie che, sebbene abitualmente un po’ sottovalutata, deve essere annoverata tra le più rilevanti di sempre nel panorama italiano – e di conseguenza internazionale. Per la verità le tavole autoconclusive dedicate a Piccolo Dente e Occhio di Luna sono spesso ricordate come esempio di fumetto comico, e Piccolo Dente stesso divenne la mascotte del settimanale Il Giornalino che, come detto, le pubblicava ma, al contrario, le storie con Caster’ Bum sono finite nel dimenticatoio almeno fino alla lodevole operazione targata Allagalla. In realtà Piccolo Dente è sì il personaggio più dirompente della saga, in principio il classico bambino pestifero in voga nei fumetti anni Sessanta e via via poi dalla personalità più strutturata, ma la sua vivacità non era affatto sacrificata nell’ambito delle storie corali in cui aveva visto la luce. Perché la forza della serie Il colonnello Caster’ Bum è nella capacità dei suoi autori, Nizzi ai testi e Landolfi ai disegni, di inventare un intero universo denso e pieno zeppo di personaggi diversi e originali. Con tantissime trame e sottotrame che si intersecano, si sorreggono, depistano, insomma ricreano mirabilmente una realtà nella quale era bello tuffarsi quasi settimanalmente quando queste avventure venivano pubblicate. Trattandosi di un fumetto, la prima impressione deriva dalle tavole di Lino Landolfi: caratterizzate da uno stile grafico assai peculiare, le pagine disegnate dall’artista romano sono assolutamente uniche. Il colonnello Caster’ Bum nasce come racconto umoristico il che, nel mondo delle nuvole parlanti, abitualmente si traduce in uno stile grafico caricaturale; naturalmente esistono anche esempi di fumetti comici con rappresentazioni realistiche ma la possibilità di stilizzare i personaggi è un’occasione troppo ghiotta per gli autori, che possono così strappare già un sorriso grazie alla semplice realizzazione dei characters. Landolfi però è un caso specifico, anche se non unico in Italia (si pensi a Magnus, Bonvi o, più recentemente Ortolani), perché il suo stile tende al grottesco e in questo senso coglie graficamente l’ironia delle storie, ma non ricorre all’essenzialità della stilizzazione, anzi.
Le sue tavole sono ricolme di particolari, dettagli intricati e, qualora ci fosse dello spazio libero, si occupa già in fase di disegno di inserire esclamazioni, grida, rumori vari non limitandosi alle classiche onomatopee. Queste pagine disegnate densamente trovano poi la definitiva consacrazione con un uso del colore deciso quasi a divenire psichedelico (si veda il ricorso frequente al viola, in varie gradazioni). Landolfi, insomma, realizza un universo grafico del tutto originale ed armonico, concretizzando lo stupefacente lavoro in sede di scrittura di Claudio Nizzi. Perché la forza de Il colonnello Caster’ Bum e Piccolo Dente è già nell’idea concettuale: una serie umoristica con una struttura narrativa degna di una saga avventurosa di prim’ordine. Giusto a titolo d’esempio: ben raramente il fumetto comico italiano ha visto all’opera uno sceneggiatore così attento alla continuity delle sue storie; in genere, nelle storie umoristiche quello che succede in una storia non pone vincoli alle successive lasciando mano libera agli autori. Nelle storie di Caster’ Bum se il mitico Dente di Ferro, il salmone che compete con il capo indiano Caldaia Fredda, finisce nella padella, per rivederlo sulla scena dobbiamo aspettare che il figlio ne prenda il posto. Le gags che vedono all’opera il padre di Piccolo Dente, sakem degli indiani Assaibonis, sul ponte del fiume intento a cercare di pescare il salmone in questione sono uno dei tantissimi esempi di come il racconto di Nizzi sia diversificato in mille rivoli. Le caratteristiche principali dei testi dell’autore nato in Algeria sono la spiccata vena avventurosa, la definizione eccellente dei personaggi, oltre ad un’ironia che si declina in differenti tonalità. A volte è semplice e bonaria, nei fraseggi di semplice narrativa, altre più amara, quando si intravvede la critica storica o ecologica, altre volte ancora è addirittura sarcastica. Questi ultimi aspetti sono, a rileggere Caster’ Bum oggi, i più sorprendenti: se schierarsi dalla parte degli Indiani poteva essere a suo tempo in linea con il punto di vista più giusto e storicamente onesto, alcuni passaggi sono quasi spiazzanti. Ad esempio quando Caldaia Fredda mette ‘al loro posto’ le donne di famiglia con la scusa della presenza di un topo nella tenda, con un passaggio che potrebbe essere inteso in odore di maschilismo. In realtà tutta la saga racconta il contrario, con Occhio di Luna che batte regolarmente Piccolo Dente a nascondino, tanto per chiarire. Eppure, se l’episodio citato è una tavola autoconclusiva del 1978, già nella quarta storia assoluta (Tamburi di guerra, del 1970) scopriamo che i pacifici Assaibonis sono sul piede di guerra perché Grossa Quaglia, squaw di Caldaia Fredda, è imbufalita per via delle provviste avariate arrivate dall’Agenzia Indiana.
In questo primo volume che ripropone le avventure di Caster’ Bum e Piccolo Dente si è scelto di non seguire la cronologia delle pubblicazioni ma di alternare le storie più lunghe a quello successive ad una tavola. Se la cosa contribuisce a dare ritmo alla lettura del volume, è comunque interessante lo sviluppo della prima parte della saga, quella intitolata a Caster’ Bum e caratterizzata da storia più lunghe. Per circa il primo anno di pubblicazione, a cavallo tra il 1970 e il 1971, le storie sono più brevi, in genere sei pagine, rarissime volte meno. Poi, dopo la metà del 1971, compaiono due coppie di storie abbinate tra loro: I due pistoleri, infatti, continuava con Sfida Infernale così come Divieto di pesca si chiudeva con Ala Tarlata Show. Pur avendo due titoli diversi a sancire l’uscita sul settimanale, si trattava delle prime storie che arrivavano alle dodici pagine. Ancora lontani dalla quarantina delle francesi bédé come Asterix o Lucky Luke ma anche da certe lunghissime avventure dell’italiano Cocco Bill, tanto per fare dei paragoni. In chiusura di 1971 viene pubblicato il già citato Soldato Azzurro – storia che chiude anche questo volume – che ci dà lo spunto per un paio di annotazioni. Innanzitutto la storia è lunga venti pagine, il che pone la serie Caster’ Bum come opera in grado di reggere da un punto di vista avventuroso anche gli illustri esempi citati di fumetto comico. E, visto che la sponda metalinguistica non è ignorata da Nizzi, si deve prendere atto che c’è una precisa volontà di strutturare sempre più le vicende dei nostri eroi, dal momento che per quest’occasione si decide di riportare per tutte le cinque uscite settimanali lo stesso titolo – Soldato Azzurro, appunto – con la consueta frammentazione a puntate prevista per le storie lunghe dei citati personaggi quando venivano pubblicati su rivista. Insomma, l’ambizione di Nizzi e Landolfi era quella di produrre un fumetto che avesse pari dignità artistica dei rinomati successi pubblicati dal Corriere dei Piccoli o da Il Giorno dei Ragazzi.
Obiettivo raggiunto e, a dirla tutta, anche superato.
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