1_13 di Nik Guerra.

In occasione di Lucca Comics & Games 2022
per le Edizioni Di esce 13, la nuova spettacolare fatica di Nik
Guerra in questo caso coadiuvato da uno stuolo – tredici, come da titolo – di sceneggiatori
per altrettante tredici folgoranti brevi storie. E, oltretutto, tredici
magnifiche pin-up a doppia pagina che sarebbero già un valido motivo per
acquistare l’albo. In realtà sono la conferma della bontà dell’intuizione alla
base del progetto: Guerra è un eccellente disegnatore di fumetti ma è
addirittura insuperabile come illustratore e la struttura del volume valorizza
in modo efficace la sua arte. I tredici racconti brevi si aprono con Cabaret
des Vampire sceneggiato da Cristiana Astori. Susanna Martino è la
protagonista che completa così la connessione tra le arti operata da Cristiana,
aggiungendo un nuovo binomio dopo quello tra letteratura e cinema tipico dei
suoi gialli. Stavolta Susanna, già personaggio principale dei citati romanzi, agisce
nell’ambito delle nuvole parlanti e si trova coinvolta in uno spettacolo di
cabaret: fumetto e teatro – di cui quest’ultimo è una forma espressiva – quindi.
Per altro il cinema è comunque presente in modo consistente nell’economia della
breve vicenda e, come detto, la protagonista è la stessa dei libri gialli e
quindi anche la letteratura è coinvolta. Neanche il tempo di metabolizzare lo
spessore del capitolo d’esordio che arriva uno dei pezzi da novanta del volume:
nientemeno che Chiara di Notte di Jordi Bernet (qui spalleggiato in sede di scrittura
da Guerra e Stefano Bartolomei). Punti di vista vede all’opera la prostituta
più simpatica e umana del fumetto che si trova a tu per tu con Magenta (a testimonianza
del contributo di Nik nella sceneggiatura), personaggio certamente un filo più
pragmatico. La realizzazione grafica di Chiara è roba da far tremare i polsi ma
Guerra va dritto al sodo, cogliendo lo spirito del personaggio senza tradire il
suo stile. La doppia splash page è un capolavoro. Nato con la camicia
potrebbe parlare del suo autore, lo sceneggiatore Moreno Burattini che da anni
è al timone di una serie storica come Zagor. In realtà, abituato a vedere le
cose dal punto di vista dell’altro – come insegna lo Spirito con la
Scure, l’eroe bianco che difende gli indiani di Darkwood – Burattini suggerisce
come anche sotto le coperte serva una mutua complicità tra partner. Restando in
casa Bonelli, ecco arrivare un altro asso delle nuvole parlanti, il mitico
Alfredo Castelli. Lezione di spogliarello per Bloody Mary vede il
ritorno sulla scena dell’affascinante personaggio al tempo realizzato
graficamente da Carlo Peroni per il fumetto Zio Boris. Pur con tutto l’affetto
per la versione originale, l’interpretazione che ne dà Guerra è totalmente di
un altro pianeta, concretizzando finalmente le potenzialità del personaggio.
Tra l’altro Castelli sforna un colpo di scena perfettamente a tono con il ritmo
sincopato del volume, dimostrando, qualora ce ne fosse bisogno (e non c’era) il
suo talento. Il quinto racconto, Non tutto si fa per soldi, segna il
ritorno del misterioso Marco Delizia e della sua Ramba, che Nik Guerra aveva
già interpretato nel 2013, al tempo della pubblicazione dell’Integrale
della bellicosa eroina. Il personaggio è particolarmente nelle corde di Guerra,
sarà anche per via del cognome dell’autore toscano e, in effetti, Ramba farà
giustizia in modo violento. Del resto è una caratteristica già insita nel personaggio
e poi, in questo caso, anche considerando che siamo in un’opera di finzione, la
cosa si può tranquillamente accettare visto che punisce chi, nella realtà,
questa violenza la esercita per il proprio comodo. Il lugubre La donna più
bella del mondo è pervaso dal clima angosciante tipico dei testi di Paolo Di
Orazio. Guerra è particolarmente abile nel dar forma visiva alle atmosfere
horror, con tavole dense di ombre, luci velate e pieghe che nascondono la
verità fino all’allucinante colpo di scena finale. Massimo Giacon segna la metà
del volume e se Guerra può sfoderare la sua peculiare e apprezzatissima abilità
nel rappresentare graficamente il nylon delle calze femminili, qualche altro
aspetto del racconto ci sorprende non poco. Se la presenza di un protagonista
maschile è particolarmente spiazzante sin dalla prima pagina del racconto, il
finale riesce comunque a cogliere impreparato il lettore. Calzelandia
non è forse il racconto più bello del lotto ma probabilmente è quello che turba
di più, almeno considerando la medicina proposta nel finale. I rimandi
contenuti nel volume ci portano ora nientemeno che a Diabolik, il criminale più
famoso del fumetto italiano. Mario Gomboli è l’autore di tante storie del Re
del Terrore e dimostra tutta la sua maestrìa nel condensare in poche pagine,
e zero parole, il succo del suo contributo. Infinity Strip ci mostra un
lato inedito dello spogliarello, perché non è detto che togliendosi gli abiti
si riveli la propria identità. La nudità può essere infatti intesa come un’ulteriore
maschera e, in effetti, vedendo una persona a noi nota senza vestiti potremmo rischiare
di non riconoscerla dal momento che difficilmente l’avremo vista prima in quel
contesto. Lettori a parte, la stessa identità di Diabolik non è affatto
riconosciuta e, grazie alle preziose maschere, il criminale può cambiare
aspetto ogni mese in modo perpetuo. Allo stesso modo in cui la protagonista del
racconto, illustrato al meglio da Guerra, può ripetere all’infinito il suo conturbante
show. Il ritorno di Celestino Pes, storico sceneggiatore di Magenta, è alla
base di una nuova avventura dell’eroina più sexy del mondo: Inganno al Voile
Noir è realizzato sontuosamente da Guerra che, naturalmente, si trova qui al
massimo del proprio agio. Ad affiancare Magenta troviamo la bella Yvonne Lebas,
resa alla grandissima dalla sapiente mano di Nik, sebbene faccia un po’ tristezza
vedere Lucrezia relegata nell’ultima vignetta del racconto. Pes rispolvera la
vena truce di Magenta, più cruenta rispetto alla versione più recente, tuttavia
non tradisce lo spirito del personaggio ripresentando una tipica storia breve
del passato più remoto. Un altro autore bonelliano è chiamato quindi all’opera
e Pasquale Ruju mostra tutta l’efficienza produttiva della casa editrice
milanese inventando addirittura il personaggio di Sierra per l’occasione. Festa
di laurea è la storia da manuale che potrebbe anche essere pubblicata dalla
Bonelli: c’è l’azione, un pizzico di giallo, appena un velo di eros e il colpo di
scena finale. La successiva illustrazione da due pagine mozza letteralmente il
fiato: la Bionda, la mitica eroina di Franco Saudelli, in tutto il suo
splendore ci presenta Le due litiganti. Il racconto, frutto della
collaborazione con il maestro romano, è da considerare la battaglia del
secolo del fumetto italiano. Sbagliate se pensate che il crossover dell’anno
passato tra Tex e Zagor non potesse avere eguali, almeno nella penisola:
la Bionda vs Magenta sbaraglia infatti il pur onesto incontro tra i due
storici eroi bonelliani e ci riporta ai tempi della domanda delle domande. ‘E’
più forte Hulk o la Cosa?’, chiedevano ripetutamente i lettori alle
rubriche postali della mitica Editoriale Corno. La risposta in coda all’episodio
magicamente illustrato da un Nik Guerra mai così smagliante, è una perla di
ironica e tradizionale saggezza ma prima di passare al successivo vanno sottolineati
i pregi del miglior racconto del volume. La Bionda è stato il personaggio più
interessante di fine millennio e Magenta dell’inizio di quello nuovo: uno
scontro epocale, insomma. Tavole che rimarranno nella Storia del fumetto come
la lotta più sexy di sempre. Infatti, rispetto ai temi più abitualmente
frequentati dall’eroina di Guerra, Le due litiganti giustamente si muove
nei territori tipici della platinata ladra creata da Saudelli. L’autore toscano
si dimostra perfettamente in grado di illustrare da par suo le scene di lotta
femminile e di bondage, attività principe della Bionda, personaggio che così rivive
in queste pagine in tutto il suo carismatico fascino. Magenta, da parte sua,
regge il confronto alla grande, dimostrando che di quale pasta sia fatta una
volta di più. Chi poteva prendersi lo scomodo compito di portare avanti il
volume dopo un passaggio tanto ingombrante? Ma Cocò von Sade e You Bad
Girl, che domande! Cristina Simonelli, la polivalente eclettica artista che
si cela dietro il soprannome da ragazzaccia (You Bad Girl) ha l’ironia,
e l’autoironia, necessaria per gestire al meglio la situazione. Con una storia
minimalista eppure colma zeppa di rimandi e giochi di parole, riesce ad
affascinarci portandoci nella sua dimensione, completamente dimentichi di
qualunque altra cosa. A chiudere il volume il racconto di Enrico Teodorani Una
croce per Djustine: la mitica sexy pistolera è una vecchia conoscenza di
Guerra che la interpreta ovviamente nel modo migliore. Niente di meglio di un
bel duello western per chiudere in bellezza. Il volume è infatti finito: la moltitudine
di personaggi femminili nelle stupefacenti interpretazioni di Guerra fatica a
trovare pace nella mente del lettore, sommerso dalla meraviglia delle tavole. Come
detto, l’idea alla base di 13 è geniale perché permette a Nik Guerra di
sfoderare il meglio della sua capacità artistica. Graficamente più appagante
rispetto ad un volume con una storia lunga, narrativamente più coinvolgente di
un libro di pin-up.
Gioco, partita,
incontro.